Nicoletta Orlandi Posti |
La nota scrittrice e giornalista di Libero, Nicoletta Orlandi Posti, mi intervista. La ringrazio molto per le domande che mi ha posto dandomi la possibilità di esprimermi.
"Mi soddisfa pienamente l’odierno soffrire” leggo nella sua silloge. E ancora crepe sul vetro, il vuoto dentro, le lacrime, le illusioni che si infrangono. Andrea Leonelli è un poeta che ama ascoltare musica metal e che usa la poesia per colpire. I suoi versi sono frustate all’apatia dei sentimenti, sono scosse elettriche che costringono a riflettere sui lati oscuri della propria anima, quelli che per perbenismo vengono lasciati marcire dentro. Andrea Leonelli ha il potere di interagire con il suo lettore obbligandolo a scrutare dentro di sé. L’uso sapiente delle parole, il ritmo serrato dei pensieri alternato a lunghe pause, la scelta di vocaboli evocativi lascia il segno anche quando il libro viene chiuso. Ogni poesia costringe a una rilettura che rivela altri livelli di comunicazione con messaggi sempre più intimi e inediti. Ci si chiede chi è veramente Andrea Leonelli. Per questo è indispensabile trovarlo e intervistarlo. Io l’ho fatto."
N.O.P.
Nella sua biografia vanta un infarto senza effetti residui se non “dentro”. Quanto di questo ha segnato la sua poetica?
"La selezione colpevole", di Andrea Leonelli |
A.L.
Molto, e non solo nella poetica ma nella visione generale della vita. Dopo quell’evento molto è cambiato. La mia situazione familiare, il mio modo di scrivere e di conoscere cose nuove, il desiderio di lasciare almeno un minimo segno del mio passaggio su questa terra, ma soprattutto ho voglia di vivere davvero un po’ di più, trovarsi faccia a faccia con la morte (almeno a quanto mi hanno detto i medici) e ritrovarsi poi vivi e “sani”, è come un nuovo inizio. Una seconda possibilità e ho voglia di sfruttarla il più possibile.
N.O.P.
E’ appena uscita la nuova edizione di “La Selezione colpevole” con la quale l’ho scoperto. La prima è di qualche anno fa. Ci si ritrova ancora in quei versi?
A.L.
Mi ritrovo nella memoria di quei momenti, mi ricordo come stavo. Non li rinnego, sono serviti a portarmi fin dove sono adesso. Se non avessi fatto certe esperienze e, di conseguenza, certe scelte, non sarei la persona che sono ora.
N.O.P.
Si narra che l’ispirazione poetica per lei arrivi la sera, addirittura la notte. In quel momento mette su un po’ di musica e lascia andare la penna senza forzare i versi. Mi piacerebbe se mi raccontasse di una poesia che più di altre senti tua: come è arrivata? Quando l’ha scritta? A chi pensava?
A.L.
La musica non è indispensabile ma aiuta. A volte ascolto un intero disco moltissime volte, quasi maniacalmente, fino a che non ne ho consumato gli stati d’animo che mi comunica. Poi passo ad un altro. A volte invece scrivo in completo silenzio (compatibilmente con il posto in cui mi trovo). Mi sono trovato a scrivere camminando, in treno, a casa mentre mangiavo ma in effetti il momento migliore per me è la sera. Preferisco la notte al giorno, per molti motivi soprattutto perché di giorno, con la luce la visione è netta e non lascia adito a dubbi. Nella notte tutto è possibile, non ci sono forme chiare e definite. È potenziale da sfruttare. L’attimo a cui preferisco attingere per scrivere è quello fra la veglia e il sonno, in cui i pensieri son liberi di scorrere in ogni direzione, senza obblighi dati dalla piena coscienza, che però ti permette di seguirne il flusso. Da quel muoversi disordinato, da quel moto quasi browniano dei pensieri, attingo ogni volta che posso per scrivere poesie, alcune di quelle che secondo me sono le migliori arrivano da questi momenti. Ovviamente diventa dura dormire se ti svegli completamente per scrivere, oppure perdi delle belle poesie la volta in cui cadi addormentato.
Involucro vuoto
Quante maschere devo indossare?
Una per ogni persona
una per ogni luogo.
E dietro tutte questa maschere
alla fine chi c’é?
O non esisto senza maschera?
Tolta l’ultima
di me cosa rimane?
Un involucro vuoto
con dentro un niente
sempre più grande
che cresce
maschera dopo maschera.
E’ arrivata abbastanza fulminea, una presa di coscienza di come avevo vissuto fino a quel momento. Fino al momento in cui mi resi conto che quello che girava nel posto dove abitavo con la mia faccia addosso non era quello che volevo essere veramente ma una marionetta mossa dai desideri degli altri. Non nego di non aver preso parte a questa mia spersonalizzazione ma non era il momento giusto per smuovere delle acque che mi stavano stagnando sopra, e forse, senza tutta una serie di avvenimenti e circostanze accaduti in un certo ordine, non avrei nemmeno trovato la forza di cambiare le cose.
È stata per me l’ammissione di un errore a cui poi ho posto rimedio, almeno nei confronti di me stesso, ma è stato un passo importante
N.O.P.
Ha due figli. Hanno letto le sue poesie?
A.L.
No, sono ancora piccoli, ma ho regalato loro una copia ciascuno della prima edizione. Le leggeranno quando saranno più grandi e, a seconda dell’età che avranno, capiranno qualcosa di diverso.
Molti poeti riescono a dare il meglio di loro quando sono innamorati. Altri quando stanno vivendo pene d’amore. Lei?
A.L.
Io ho prodotto “La selezione colpevole” in un momento in cui ero in pena, ma più per me stesso, per la mia condizione del momento. Ero spinto a guardare fuori, ad altro, dato il momento che stavo attraversando.
“Consumando i giorni con sguardi diversi” appartiene a un momento di transizione fra la fase di intensa depressione e quella di rinascita, è più vario, più costruito e transizionale. Contiene passi avanti e passi indietro, contiene alcuni miei personali esperimenti e forse una confusione destinata a schiarirsi.
“Penombre”, che uscirà a breve nella collana “Castalide” per Artemuse Editrice è una specie di riassunto del percorso fino a oggi. Ci sono alcune composizioni di poco successive a “La selezione colpevole”, altre contemporanee a “Consumando i giorni con sguardi diversi” e molte completamente nuove, destinate a delineare un percorso fino a questi giorni.
“Penombre” sarà un prodotto cartaceo molto curato in ogni aspetto, partendo dalla copertina fino all’editing e all’impaginazione e alla qualità di stampa.
Non mi serve in generale uno stato d’animo particolare per scrivere, ma certo deve essere un momento che mi porti a dover esprimere qualcosa. Le parole sanno quando è l’ora di uscire e premono, a volte la notte mi svegliano per farsi scrivere, succede spesso anche questo. E comunque sia non credo sia questione ho meno di essere innamorati, molto dipende dalla profondità interiore con cui si vivono gli stati d’animo. E si, sono innamorato.
N.O.P.
L’ultima domanda. Crede che la poesia abbia un ruolo taumaturgico in questa società che dà sempre meno importanza ai sentimenti privilegiando gli aspetti materiali dell’esistenza?
Andrea Leonelli |
A.L.
La poesia ha un ruolo fondamentale per l’individuo. Ognuno di noi può trovare la poesia. Magari se ne ha un concetto diverso da persona a persona. Ci sono molti tipi di espressione diversa che possono rappresentare la poesia e, dati tempi di fermento, mi viene sinceramente da sperare che ci sia una nuova esplosione di poesia. Purtroppo è difficile che qualcuno, ai tempi nostri, con le difficoltà che abbiamo ora, trovi il tempo per apprezzare e gustare la poesia. Alcuni sono freneticamente in cerca di modi migliori di apparire senza avere una struttura interiore a sostenere il personaggio che interpretano. Sono sagome di cartone, bellissime ma senza spessore, che vagano cercando di essere trasgressivamente di moda a ogni costo. Ovviamente quando trovano il tempo per arricchire la propria coscienza e consapevolezza? Come potrebbero apprezzare il panorama che ogni giorno si presenta loro dalla finestra, sempre uguale e sempre diverso per qualche piccola sfumatura? Si è perso il valore delle cose semplici, dei piccoli gesti e si pensa a che vestito indossare per essere di tendenza, ad avere la macchina lucente e ad avere il telefonino ultimo modello con sopra tutte le app di moda, e poi ci si perde la dolcezza nello sguardo di chi ti ama, dei sorrisi dei figli, del piacere semplice di godersi una canzone o una poesia. Non si legge più, si ascolta cosa ti vomita sulla tavola il telegiornale. Forse non si è capito che alcune cose sono semplici mezzi e strumenti ma non fini ultimi cui giungere. La poesia potrebbe fare molto, potrebbe far riflettere e scavare dentro le proprie sensazioni ma immagino che resterà tristemente poco ascoltata. Dovranno cambiare di molto i tempi e le coscienze delle persone prima che si possa raggiungere una diffusione adeguata e su questo sono, purtroppo, poco ottimista.
Nicoletta Orlandi Posti
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