Mostri.
Poveri diavoli, chimere e altre storie
di Ivan Pozzoni
Limina Mentis Editore, Villasanta (MB), 2009
Collana: Ardeur
ISBN: 9788895881126
Numero di pagine: 112
Costo: 15,00 €
Recensione a cura di Lorenzo
Spurio
Collaboratore di Limina Mentis Editore
«Pozzoni non ci sta a questo gioco
all'ipocrisia collettiva che va di moda nel nostro paese, dove si parla di:
crisi non-crisi, poesia etica, poesia mitica, fine del realismo, poesia del
quotidiano, autobiologia in poesia etc. e chi più ne ha più ne metta. Siamo
nella confusione babelica di tutte le lingue e di tutte le maniere»
(Giorgio Linguaglossa)
Ivan Pozzoni è un uomo che ha poesia
nel cuore e che si dedica a questo genere da vari anni. Numerose le sue
pubblicazioni di sillogi poetiche e le curatele ad altrettante antologie di
poesia. Collaboratore instancabile di varie riviste letterarie e poetiche
nazionali e internazionali, è anche Direttore Culturale della Limina Mentis
Editore. Sono qui oggi a parlare della
sua silloge Mostri, edita dalla
Limina Mentis nel 2009. La poesia non invecchia mai e quindi non ha senso dire
che di norma si recensiscono le pubblicazioni più recenti, dato che ne sono
seguite diverse dopo questa.
Mi
sono trovato in difficoltà nell’articolare un discorso critico su questa ampia
silloge di poesie che l’autore ha voluto dedicare ai “Mostri”; niente di
supernaturale o di eroico, tutt’altro. I mostri che “zitti zitti/ s’avvicinano”
(pp. 23-24) a cui fa riferimento Pozzoni, mi pare di capire, sono nella nostra
contemporaneità, celati, dietro l’angolo e si concretizzano nelle paure, nelle
ossessioni e nella spregiudicatezza dell’oggi dove le uniche religioni sono il
narcisismo e il consumismo.
La
poesia di Pozzoni è vivida, materica, viscerale. Rifugge la retorica, gli
orpelli, per descrivere in maniera quanto mai metaforica e analogica una realtà
preoccupante, spersonalizzante, che ha perduto ormai i valori. Ma è anche una
poesia altamente evocativa e poliedrica: pessimista, utopica, delirante,
grottesca, inconsueta. E’ tutto questo allo stesso tempo. Risiede proprio in
ciò la ricchezza espressiva di Pozzoni e la sua continua capacità di
rinnovarsi, di riscriversi, di osservare il mondo da un’altra prospettiva.
In
“Per me, scrivo!” è chiarito il destinatario delle sue liriche: non il mondo
esterno, non la natura, non la donna amata. Il poeta scrive per se stesso,
egoisticamente: “Per me, scrivo/ immergendo/ i miei mille incubi/ nell’acido
muriatico,/ dissodando sogni,/ scaricando rogne,/ disinnescandomi” (p. 26).
Evidente
l’intento polemico e critico della poesia di Pozzoni, quasi “elettrica” come
quella dei futuristi della prima stagione: rifugge il passatismo, il manierismo
e la costumanza retorica e classica che anche i nuovi poeti continuano a
esprimere con le loro liriche: “denuncio poetiche/ copiate su carta carbone,/
sempre uguali, mansuete,/ innocue, stampate in/ catena di montaggio/ dai nostri
giovani letterati”(p. 27). Pozzoni sta dicendo che nella poesia contemporanea
non c’è originalità, né sperimentazione e che i nuovi poeti (o quelli che si
auto-nominano così), in fondo non sono che copie sbiadite di altri poeti che in
altri tempi furono grandi ma la cui poetica, ormai, non è più attuale e
conforme alle inclinazioni dell’uomo d’oggi. E’ una denuncia, è una critica, ma
è anche una perorazione a cambiare, a svegliarsi, a rinnovarsi, a crearsi un proprio stile.
Ecco perché lui stesso osserva “Nei miei versi/ da coyote arrabbiato/ non
dominano interessi/ a stili coerenti” (p. 27). E ancora, l’affondo di Pozzoni:
“non me ne/ frega un cazzo” (in “Cinico e bastardo”, p. 33) dove a questi versi
segue una lista di cose che al poeta non interessano più o che forse non
l’hanno mai interessato. Il suo è un percorso caotico e convulso, un fuggire
dalle semplici cose. C’è posto anche al ricordo in questa silloge: “Felice
adolescenza,/ consumata in risate,/ scherzi e battute/ […] nelle notti
insalubri/ di vodka e bestemmie” (in “Roaccutan”, p. 29)
Ma
la poesia di Pozzoni è un panegirico d’analisi critica e polemica dei nostri
tempi, imbevuta di un leggero drammatismo. Non c’è un modo particolare per
accostarsi ad essa perché il poeta non ha una forma, né un genere “tipo” dal
quale parte: la sua, in effetti, è una continua sperimentazione dalla quale
nascono costruzioni atipiche e difficili da immaginare: “tasso/alcolico di
nuvole” (p. 37), stridenti: “camminando scalzo/ tra rose, e carcasse/ di tonni”
(p. 42), che hanno perduto un’identità: “iene senza coglioni” (p. 46) o
addirittura che usa a suo modo l’isotopia del sessuale: “Cazzo,/ sabbia di
luna/ sodomizzata/ dall’asta immota/ d’una bandiera” (p. 50) che ci obbligano a
domandarci se, leggendo queste poesie, manteniamo ancora saldi i piedi su
questa Terra. Pozzoni ci fornisce in alcuni tratti un’immagine dissacrante del
mondo d’oggi, fondato sulla religione dell’egoismo e del consumismo: “la
società del disimpegno/ tenuta insieme, tenuta a bada/ da litri e litri/ di
crema abbronzante e di collagene” (p. 47). E’ una società narcisistica che si
copre di una patina protettiva e che pure utilizza la medicina ricostruttiva
per cercar di mantenere una certa parvenza e di rifuggire l’invecchiamento.
Nella
lunga poesia “Apocalisse” che chiude la seconda sezione della silloge dal
titolo “Chimere”, incontriamo un Pozzoni irruento e sfiduciato, ma anche debole
e privo di speranza che lancia una minaccia che allo stesso tempo è un
desiderio: “Quando tutto sarà/ finito manderemo all’aria/ ‘sto mondo di merda,/
e tutti i bastardi/ che ci stanno dentro,/ con la nostra soddisfazione.” (p.
82). Vedremo se Pozzoni ha intuito correttamente quello che sarà il nostro
ultimo destino.
Chi è l’autore?
Ivan
Pozzoni è nato a Monza nel 1976. Si è laureato in diritto con una tesi sul
filosofo ferrarese Mario Calderoni. Ha diffuso molti articoli dedicati a
filosofi italiani dell’Ottocento e del Novecento, e diversi contributi su etica
e teoria del diritto del mondo antico.
Collabora
con numerose riviste italiane e internazionali. Tra 2007 e 2012 sono uscite
varie sue raccolte di versi: Underground
e Riserva Indiana, con A&B
Editrice, Versi Introversi, Androgini, Mostri, Galata morente e Carmina non dant damen con Limina
mentis, Lame da rasoi, con Joker.
Tra
2009 e 2012 ha curato le antologie poetiche Retroguardie
(Limina mentis), Demokratika, (Limina
mentis), Tutti tranne te! (Limina
mentis), Frammenti ossei (Limina
mentis) e Labyrinthi (Limina mentis)
e nel 2010 ha curato la raccolta interattiva Triumvirati (Limina Mentis). Tra 2008 e 2012 ha curato i volumi: Grecità marginale e nascita della cultura
occidentale (Limina mentis), Cent’anni
di Giovanni Vailati (Limina mentis), I
Milesii (Limina mentis), Voci
dall’Ottocento I II e III
(Limina mentis), Benedetto Croce (Limina
mentis), Voci dal Novecento I II III
e IV (Limina mentis), Voci di filosofi italiani del Novecento
(IF Press), La fortuna della Schola
Pythagorica (Limina mentis) e Pragmata.
Per una ricostruzione storiografica dei Pragmatismi (IF Press); come
monografie sono usciti i suoi: Il
pragmatismo analitico italiano di Mario Calderoni (IF Press, 2009), L’ontologia civica di Eraclito d’Efeso
(Limina mentis, 2009) e Grecità marginale
e suggestioni etico/giuridiche. I Presocratici (IF Press, 2012).
È
direttore culturale della Limina mentis Editore; è direttore de L’arrivista - Quaderni democratici. In
un’azienda della D. O. è logistico.
scrittore, critico-recensionista
Collaboratore di Limina
Mentis Editore
24/07/2012
E’
SEVERAMENTE VIETATO DIFFONDERE E/O PUBBLICARE LA PRESENTE RECENSIONE IN FORMATO
INTEGRALE O DI STRALCI SENZA IL PERMESSO DA PARTE DELL’AUTORE.
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