venerdì 31 agosto 2012

Roberto Re, la Valle dei Dimenticati


Roberto Re è nato nel 1976 a Lanzo Torinese, dove attualmente vive. "La Valle dei Dimenticati" è il suo secondo romanzo. Recentemente ha ricevuto diversi riconoscimenti: Menzione d'Onore al Premio Letterario Nazionale "Osservatorio" (marzo 2012), "Premio Speciale Fantasy" al Premio Letterario Internazionale Città di Cattolica (marzo 2012), 1° Posto al Premio Internazionale di Letteratura "Toscana in Poesia" (aprile 2012), 2° Posto al Premio Letterario Nazionale "Cittadella" per romanzi fantasy italiani editi nel 2011 (giugno 2012), Medaglia d'Onore al Premio Letterario Nazionale "Città di Parole" Firenze (luglio 2012), Targa Finalista al XXIX Premio Letterario Nazionale "Città di Cava de' Tirreni" (agosto 2012).

domenica 26 agosto 2012

Nuovi Autori nel Cuore di Roma: presentazione dei libri di Michela Zanarella e Giovanni Gentile

Continua la rassegna “Nuovi autori nel Cuore di Roma”. Venerdì 28 settembre 2012 alle ore 15.30 presso la Sala Cavour del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali di Roma, l’autrice e poetessa Stefania Colasanti presenta le raccolte poetiche “Guarda con i miei occhi” di Giovanni Gentile e “Meditazioni al femminile” di Michela Zanarella. L’evento per la sezione letteratura denominato “Con gli occhi dentro” vedrà la presenza degli autori e la partecipazione degli attori Giuseppe Lorin, Mario Lucarelli e Daniele Spizzico.

7° Premio Internazionale di Poesia Memorial Gennaro Sparagna



1-SEZIONE POESIA a tema libero A TEMA “SUD PONTINO” POESIA LATINOAMERICANA (1 copia) Si partecipa inviando una terna di poesie inedite
2 –SEZIONE POESIA SCUOLE (elementari, medie, superiori) a tema libero A TEMA “SUD PONTINO” POESIA LATINOAMERICANA (1 copia) Si partecipa inviando una terna di poesie inedite. 3-SEZIONE SILLOGE (1 copia) a tema libero A TEMA “SUD PONTINO” POESIA LATINOAMERICANA (1 copia) Si partecipa inviando una raccolta di poesie (min 10 max 20 poesie) 4- SEZIONE A : LIBRO EDITO DI POESIA (1 copia+ PDF) Si partecipa inviando un volume edito di poesie (può farlo l’autore stesso); a questa sezione possono partecipare anche le case editrici inviando direttamente i libri pubblicati .

"Ultimi pensieri di un robot", di Emanuele Marcuccio



Blade Runner è uno di quei film che ho iniziato ad apprezzare con il tempo, tanto da arrivare a metterlo nella mia top five personale.
È il capolavoro di Ridley Scott ed uno dei migliori sci-fi che siano mai stati girati; l’epica scena della morte di Roy mi ha sempre affascinato, chi non ricorda le sue ultime parole!

«Io ne ho… viste cose che voi umani non potreste immaginarvi…
Navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione…
e ho visto i raggi “b” balenare nel buio vicino alle porte di Tannhäuser…
E tutti quei… momenti andranno perduti nel tempo…
Come… lacrime… nella pioggia…
È tempo… di morire…».

«I've seen… things you people wouldn't believe…
Attack ships on fire off the shoulder of Orion…
I watched the c-beams glitter in the dark near the Tannhäuser Gates…
All those… moments will be lost in time…
Like tears in rain…
Time… to die…».

Roy Batty, la vittima, salva la vita al proprio carnefice, vincendo in se stesso l’invidia e l’odio che ha sempre nutrito verso il genere umano; dimostra così la sua superiorità ed il livello massimo di conoscenza acquisiti, al punto da accettare la morte senza alcuna resistenza e, la colomba che viene liberata e si libra in volo, a mio parere, sta proprio a significare la sua liberazione definitiva.
C’è un libro da cui è tratta l’ambientazione del film, ma non la trama; in questo caso Ridley Scott è andato oltre il libro, è uno di quei rari casi in cui è meglio il film del libro, infatti, è una delle opere minori di Philip K. Dick, il titolo letterale dall’originale inglese è Ma gli androidi sognano pecore elettriche?, tradotto più liberamente con Il cacciatore di androidi.
Cito da wikipedia: “Lo scrittore morì poco prima dell’uscita del film, e poté vedere soltanto una proiezione privata composta da alcuni spezzoni di lavorazione. Inizialmente molto scettico sull’intera operazione, dato che la sua opera veniva di fatto stravolta, fu in seguito uno dei maggiori sostenitori del film, che non a caso è dedicato alla sua memoria. In particolare Dick rimase molto colpito dal set cinematografico, che a suo dire era stato costruito esattamente come lui aveva immaginato l’ambientazione del romanzo”.
Ispirata alla morte di Roy, nel 1995 ho scritto questa poesia, pubblicata nel marzo 2009, nella mia raccolta Per una strada.

Ultimi pensieri di un robot


O umano mondo avverso,
ch’io mi ribellai,
a ché continuare a lottare?
Il mio sogno elettrico
è morto per sempre.


(27/6/1995)
© Emanuele Marcuccio, Per una strada, SBC Edizioni, 2009, p. 71.


Chi è l’autore?
EMANUELE MARCUCCIO è poeta, aforista e curatore editoriale. Nato a Palermo nel 1974, scrive poesie dal 1990, nell’agosto del 2000 sono state pubblicate sue poesie, presso l’Editrice Nuovi Autori di Milano, nel volume antologico di poesie e brevi racconti Spiragli ‘47. Partecipa a concorsi letterari di poesia ottenendo buone attestazioni e la segnalazione delle sue opere in varie antologie.
Nel marzo 2009 è uscita la sua raccolta di poesie Per una strada, SBC Edizioni, recensita da vari studiosi e critici tra cui Luciano Domenighini, Alessandro D’Angelo, Lorenzo Spurio, Nazario Pardini e Marzia Carocci.
Una sua poesia edita è stata pubblicata nell’agenda 2010 Le pagine del poeta. Mario Luzi, da Editrice Pagine di Roma.
Nel 2010 ha accettato la proposta di collaborare con una casa editrice per la scoperta di nuovi talenti poetici, tra giugno 2010 e luglio 2011 ha presentato tre autori, riuscendo così a far pubblicare tre libri di poesie e, dal 2011 è consigliere onorario del sito “poesiaevita.com”, che promuove anche una sezione editoriale ospitante le collane di opere da lui curate.
Dal 1990 sta scrivendo un dramma epico ambientato al tempo della colonizzazione dell'Islanda, di argomento storico-fantastico.
Ha inoltre scritto vari aforismi, ottantotto dei quali sono stati raccolti nella silloge Pensieri minimi e massime, Photocity Edizioni, edita nel giugno 2012.
Ha curato prefazioni a sillogi poetiche e varie interviste ad autori esordienti ed emergenti su blog letterari. È collaboratore della rivista on-line di letteratura Euterpe. È stato membro di giuria nella prima edizione del concorso nazionale di poesia “L’arte in versi” (2012).
È presente su blog, siti e forum letterari, tra cui “Literary”, con una scheda bio-bibliografica nell’Atlante letterario italiano. Ha in programma la pubblicazione di una seconda silloge di poesie.


Poesia e commento pubblicato per gentile concessione dell’Autore.
È vietata la riproduzione e la diffusione di stralci o dell’intero articolo senza il permesso dell’Autore.

Lorenzo Spurio recensisce l'ultima opera di Eliza Macadan


Paradiso riassunto
di Eliza Macadan
con prefazione di Marco Conti
Edizioni Joker, Novi Ligure (AL), 2012
ISBN: 9788875363024
Numero di pagine: 64
Costo: 10,50 €

Recensione a cura di Lorenzo Spurio

La mia vecchiaia
aspetta nello specchio
una mattina
rimarrò
con l’amore (p. 35)

Approssimandoci alla lettura di questo libro respiriamo una volontà di estetica minimalista che si esprime già nella copertina, semplice e sobria, una poco nota Composizione di Daniel Divrician, e nel titolo stesso di questa silloge di poesie. Il titolo, Paradiso riassunto, può in un primo momento echeggiare il grande poema filosofico dell’inglese Milton, ma in realtà non dobbiamo intraprendere questo tipo di lettura perché la silloge qui presente non ha molto di esistenzialistico, di chiaramente enigmatico frutto di una ricerca incessante e tormentata dell’autrice. Il “paradiso” che Eliza Macadan tratteggia in questa serie di liriche è un universo semplice, comune, quasi crepuscolare. Soprattutto, ed è forse questa la sua più grande ricchezza, è una qualcosa di reale, concreto, ossia non ha niente di utopistico. Questo paradiso che la scrittrice ci fa conoscere è però solo una porzione di esso, è solamente una delle sue interpretazioni poiché non è dato all’essere umano cogliere l’interezza e la complessità del creato. La silloge è pertanto una analisi attenta e interessante ma parziale –e non potrebbe essere diversamente-, ecco svelato il motivo di “paradiso riassunto”.
Il libro si apre con una scheda critica ben congegnata e particolarmente pertinente al contenuto della silloge nella quale il prefatore, Marco Conti, va individuando la concretezza delle immagini che la poetessa mette in scena e la loro validità come riflesso del quotidiano. Le liriche presenti nel testo sono tutte molto brevi e il linguaggio utilizzato, scarno e condensato, ci immette direttamente all’interno della materia che la poetessa tratta. Potremmo stare ad analizzare e a disquisire ore intere su ciascuna poesia, ad esempio in quella che apre la raccolta leggiamo: “ogni giorno/ premo il pedale/ del perdere o vincere/ per sapere/ dove mi trovo/ la mia identità di plastica/ arriva con un treno/ di notte” (p. 11). La poetica semplice e contemporanea, quasi di marca gozzoniana, descrive le piccole cose che la circonda, sviscerando però anche i suoi pensieri, le sue considerazioni. L’identità della poetessa –sempre alla ricerca di un “perdere o vincere”, ossia di una decisione finale ben definita, è “di plastica” cioè falsa, illusoria, sostitutiva e solo di notte, con il buio, la tranquillità che infonde pace riesce a mostrarsi per quel che realmente è. Non solo. Giunge “con un treno”, ossia velocemente, senza guardare ostacoli, perentoriamente. In “Gli alberi” ritorna il tema dell’identità: niente di definito e di chiaro, qualcosa di torbido e di indecifrabile: “stai girando/ da tutte le parti/ i documenti d’identità/ dei morti” (p. 44).
In “La vita” la poetessa affronta il tema della felicità e della difficoltà del suo raggiungimento, chiudendo la poesia con un animo di esemplare fraternità verso persone indigenti: “tendo un biscotto/ a una mendicante bosniaca” (p. 26). In alcune liriche Eliza Macadan non manca di far riferimento a una sessualità individuale, una meta-sessualità priva di un senso compiuto: pornografia, masturbazione, prostituzione che fornisce al lettore un panorama si vivido e realistico pur nella sua tristezza.
In “Scrivi” è enunciata la poetica di Eliza Macadan: non perdere momenti, idee, ispirazioni… buttale giù per iscritto. Lettura e scrittura rappresentano per la poetessa due attività centrali del suo esistere ed è lei stessa a sfatare una falsa credenza che i poeti, superbi per il loro genio, non leggano i propri colleghi: “una poetessa legge/ i versi di un’altra poetessa” (p. 50) segnale positivo e di speranza: finché c’è gente che legge/ascolta/dialoga con altra gente, allora si preserva il senso di comunità dal quale tutto nasce. In “In fondo all’Europa” la poetessa si mostra un’attenta reporter di crimini di guerra, fautrice di una poesia civile ed impegnata in difesa della memoria storica: “io continuo a scrivere poesia/ come se nulla fosse successo” (p. 64). In “Qualsivoglia” è contenuta, invece, una brevissima esortazione che fa seguito allo scoraggiamento della poetessa di non essere ascoltata degnamente dal suo interlocutore.
Non manca neppure una velata denuncia sociale a quelli che sono i “meccanismi dell’oggi” incentrati su logiche di mercato, sistemi di compra-vendita, rendite, affitti ossia tutto basato sull’economia e il denaro, come ben si evince nella lirica “Non c’è casa” dove, appunto, la casa (sinonimo di proprietà, sicurezza e famiglia) è stata sostituita (a seguito di una crisi, di una decadenza, intuiamo) da un affitto, termine che invece denota la dipendenza da qualcun altro.
Un aspetto che mi ha molto interessato della silloge in questione è l’attenzione della poetessa per la parzialità della materia; si riferisce spesso a parti, porzioni, componenti di un qualcosa – spesso di qualcosa non concreto, utilizzando dunque in senso metaforico- come le “briciole di pensieri” (p. 20), i “pezzi di incubo” (p. 15), un “pezzo di cielo” (p. 60). Tutto questo, in effetti, trasmette un senso di residualità, di mancanza, d’incompletezza –di tendenza, mi ripeto, gozzaniana e più ampiamente crepuscolare- che fa concludere la poetessa in una lirica in questo modo: “il paradiso è rimasto senza foglie/ e senza di noi” (p. 30). Per questo il paradiso non può esser “raccontato” e reso in immagini che in maniera sommaria, imprecisa, parziale. Il “riassunto” che Eliza Macadan ci fornisce è senz’altro degno e lodevole nel dar voce a questa parzialità del tutto.



Chi è l’autrice?
Eliza Macadan è nata a Bacau (Romania) nel 1967 e risiede a Bucarest e a Roma. Ha esordito nel 1988 sulla rivista mensile di cultura romena “Ateneu”. Bilingue fin dalla sua prima raccolta, Spatiu auster (Edizioni Plum, Bacau, 1994), Eliza Macadan ha scritto e pubblicato in romeno e in italiano. L’edizione italiana della silloge del 1994, Frammenti di spazio austero (Libro Italiano, Ragusa, 2001) ha ottenuto il premio romano “Le rosse pergamene” nel 2002. Hanno fatto seguito In Autoscap (Edizioni Vinea, Bucarest, 2009); La Nord de cuvant (A Nord della parola, Edizioni Tracus Arte, Bucarest, 2010) e transcripturi din constient (trascrizioni del cosciente, Edizioni Eikon, Cluj Napoca, 2011).
In Romani ha ottenuto i seguenti premi “Mihai Eminescu”, Botosani 1991, “Lucian Blaga”, Sebes 1992; in Francia: “Mitteleuropa”, Strasbourg, 1993; in Italia: “Etnie Poesie”, Trieste, 1999, “Marguerite Yourcenar”, Milano, 1999 (inclusa nell’antologia del suddetto premio, Montedit, 2000; distinzione per la poesia dell’Accademia della Cultura Europea, Roma, 1999).
Giornalista professionista è stata corrispondente in Italia per varie testate romene. E’ membro dell’USR (Unione Scrittori della Romania).


scrittore, critico-recensionista

Jesi, 23-08-2012


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venerdì 24 agosto 2012

Emanuele Marcuccio intervistato da Lorenzo Spurio


Intervista ad Emanuele Marcuccio
Autore di Per una strada
SBC Edizioni, 2009;
Photocity Edizioni, 2012;

a cura di Lorenzo Spurio



LS: Come dobbiamo interpretare il titolo del tuo primo libro, Per una strada?
EM: Questo titolo ha un’origine davvero curiosa, ogni volta che lo racconto, sembra un aneddoto, e invece è tutto vero. Era il novembre del 1998 quando scrissi l’omonima poesia, “Per una strada”, mi trovavo per strada, era un pomeriggio e il tempo preannunciava un temporale, d’improvviso mi raggiunge l’ispirazione e io, avendo come unico foglio di carta su cui appuntarla solo il retro di uno spiegazzato scontrino della spesa, la appunto proprio lì:

Per una strada

Per una strada senza fronde
si aggira furtivo e svelto
il nostro inconscio senso,
passa e non si ferma,
continua ad andar via
e non si sa dove mai sia.

Quanto mi sembrarono quasi insignificanti quei versi, la misi da parte, sfuggiva anche a me il suo significato profondo, in seguito capii che, quell’apparentemente semplice poesia nascondeva in sé l’essenza della mia stessa ispirazione, perché, la mia ispirazione è furtiva e svelta, passa e vola via e, se non l’afferro e la trattengo nel mio cuore con i versi che metto sulla carta, passa e vola via e nessuno sa più dove mai sia. Cito un passo della mia introduzione alla poesia, recentemente edita in appendice al mio secondo libro Pensieri minimi e massime: «[…] affinché la poesia sia vera e sincera deve esserci questa scintilla iniziale, dopodiché possiamo scrivere di getto, in maniera spontanea o, fare un lavoro di lima ricercando la rima più adatta o la parola, o il suono e starci tutto il tempo che ci sarà necessario. In caso contrario, diventerebbe solo qualcosa di artificioso che non è espressione del proprio sentire».
Poi, ho intitolato la mia raccolta Per una strada, proprio perché l’ispirazione, furtiva e svelta, mi ha raggiunto, la maggior parte delle volte, proprio per strada: camminando, sull’autobus, etc.
E perché proprio quell’articolo indeterminativo?
Avrei potuto toglierlo e intitolarla semplicemente “Per strada”. Quell’articolo rappresenta la semplicità, l’indeterminatezza, il poter trovare la poesia in tutto, anche nelle cose più semplici e quotidiane, poiché, a mio avviso, una sola è la strada che ci porterà alla poesia e alla sua voce più profonda, quella della spontaneità e della semplicità. Citando un mio aforisma, sempre dal succitato libro, “Ritroviamo e ricerchiamo sempre l’obliato proprio sé fanciullo, perché, solo con gli occhi dell’anima di un bambino si può davvero essere  se stessi e volare alto, anche se camminiamo per una strada spesso irta di ostacoli, problemi e preoccupazioni”. E questo vuole la poesia, uno sguardo semplice ma attento, molto attento e sempre pieno di stupore e di meraviglia.
Infine, c’è un’ultima motivazione o, forse si tratta della motivazione ultima?
Proprio per la presenza di quel “senza fronde” nella poesia “Per una strada”, che ha un significato proprio e metaforico al contempo; con quel “senza fronde” ho cercato di riassumere il sentimento di straniamento e di smarrimento dell’uomo contemporaneo, che si ritrova privo di valori e di qualcosa in cui credere, simile a un albero in autunno, spogliato delle sue foglie. Sorge quindi il bisogno di aggrapparsi a qualcosa o a Qualcuno in cui credere, prima che anche le radici vengano strappate via dalla tempesta dell’inverno.

LS: Un autore negherà quasi sempre che quanto ha riportato nel suo testo ha un riferimento diretto alla sua esistenza ma, in realtà, la verità è l’opposto. C’è sempre molto di autobiografico in un testo ma, al di la di ciò, il recensionista non deve soffermarsi troppo su un’analisi di questo tipo perché risulterebbe per finire fuorviante e semplicistica. Quanto c’è di autobiografico nel tuo libro? Sei dell’idea che la letteratura sia un modo semplice ed efficace per raccontare storie degli altri e storie di sé stessi?
EM: Ma io non lo nego, anzi, in ogni mia poesia si può rintracciare un riferimento autobiografico, anche minimo, anche nella più insospettabile, la scrittura in fondo è trasfigurazione di quel caos del proprio vissuto. E la letteratura può essere un modo semplice ed efficace per narrare storie di se stessi e degli altri, pensiamo ad esempio al famoso racconto “La metamorfosi” di Franz Kafka, il segreto è trasfigurare bene il tutto. Scrive, infatti, Marcel Proust nella Rechérche: «Ogni lettore, quando legge, legge se stesso. L’opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che egli offre al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in se stesso». E, citando anche un mio aforisma, sempre dal secondo libro, “Scriviamo di una realtà come trasfigurata e, nel contempo, cerchiamo di porgere al lettore una speciale lente d’ingrandimento, che trasfiguri e ingrandisca allo stesso tempo”.

LS: Quali sono i tuoi autori preferiti? Quali sono le tendenze, le correnti italiane e straniere e i generi letterari che più ti affascinano? Perché?
EM: Il mio genere letterario preferito è sicuramente la poesia, soprattutto come scrittura, gli altri generi preferisco leggerli. La poesia è la più profonda forma di comunicazione verbale mai creata dall’uomo per esprimere i più reconditi sentimenti umani, le più profonde emozioni; la poesia riesce a emozionare, etimologicamente parlando, riesce a portare allo scoperto (l’anima), parafrasando la mia poesia “Sé e gli altri” da Per una strada, riesce a portare allo scoperto “l’obliato proprio sé fanciullo”. La poesia riesce a far conoscere se stessi, riesce ad interrogarci, riesce a farci riflettere, riesce ad emozionarci, riesce a rendere l’ordinario straordinario e, in qualche maniera, anche a migliorarci, a renderci più sensibili nei confronti degli altri.
Leopardi è il mio poeta preferito, per l’infinita e meravigliosa musicalità dei suoi versi. Da lui ho appreso la musicalità e la fluidità del verso, senza fare uso della rima; su più di centotrenta sono meno di cinque le poesie che ho scritto interamente in rima. Quanto mi ha ispirato la musica dei suoi versi e, “L’infinito” è la poesia che preferisco più di tutte, non solo per i suoi versi infinitamente pieni di musicalità, ma, perché vedo questa poesia come un’oasi di speranza lungo il deserto del suo pessimismo cosmico: «Così tra questa / immensità s’annega il pensier mio / e il naufragar m’è dolce in questo mare.».
Indubbiamente, è il romanticismo la corrente letteraria che mi ha sempre affascinato di più, per quel suo tendere all’infinito, all’assoluto e, il motivo si può ben capire dalla concezione che io ho della poesia.

LS: So che rispondere a questa domanda sarà molto difficile. Qual è il libro che di più ami in assoluto? Perché? Quali sono gli aspetti che ti affascinano?
EM: Per i motivi espressi in precedenza, l’opera poetica di Leopardi, appunto, la raccolta Canti. Come prosa, I promessi sposi di Alessandro Manzoni, proprio perché ho scritto anche una poesia, ispiratami dalla figura di Lucia (scritta successivamente alla stesura di Per una strada), una poesia molto introspettiva e che non ha nulla di celebrativo, come si potrebbe immaginare. E soprattutto perché, durante la sua lettura, precisamente nel corso del capitolo XXIV, mi sono commosso fino alle lacrime, cosa mai capitatami leggendo un libro, di solito è più facile commuoversi con un film.
Un capolavoro, una delle più grandi creazioni della letteratura universale e, senza dubbio, il più grande romanzo della letteratura italiana.

LS: Quali autori hanno contribuito maggiormente a formare il tuo stile? Quali autori ami di più?
EM: Sono tanti gli autori, soprattutto i poeti, che hanno contribuito a formare il mio stile. Ho iniziato a scrivere poesie nel 1990 e, all’inizio sono stato molto influenzato principalmente da Foscolo, Leopardi e gli stilnovisti, avevo bisogno di modelli da cui partire, queste influenze sono però riconducibili ai vocaboli utilizzati, non all’imitazione del loro stile. I miei poeti preferiti sono: Leopardi, sopratutti, poi Pascoli, soprattutto per la poetica del fanciullino, il fanciullo che c’è in ognuno di noi, e Montale, perché la sua poesia mi affascina e conquista ad ogni rilettura, quasi in una vertigine per i suoi abissi di profondità. Poi, sono rimasto affascinato dalle poesie di Federico Garcia Lorca, lette soltanto nella sua traduzione italiana, a questo proposito, nel ’96, dopo averne letto un’ampia antologia, tra il ’97 e il 2000 scrissi quattro omaggi a Garcia Lorca, in cui ho cercato di imitarne in maniera personale lo stile, e si possono leggere in Per una strada.

LS: Ho visto nella tua nota bibliografica che hai recentemente pubblicato una silloge di aforismi. Quale pensi sia o dovrebbe essere la funzione di un aforisma nella società d’oggi? Perché hai impiegato questo mezzo espressivo?
EM: Sì, si tratta del mio secondo libro Pensieri minimi e massime, una raccolta di ottantotto aforismi e pensieri vari, edita con Photocity Edizioni, scritti dal 1991 al 2012 (per la precisione c’è stata un’interruzione dal 2000 al 2008 ca.). Quarantotto dei quali hanno per tema la poesia e, con un’appendice, una mia introduzione alla poesia.
Allora, perché, oltre a scrivere poesie, scrivo anche aforismi?
Ti rispondo con un aforisma scritto successivamente alla stesura di questo secondo libro: «L’aforisma è la sintetica risposta della prosa alla poesia». Ecco cos’è per me un aforisma, la prosa non è nelle mie corde di scrittura, preferisco leggerla, e l’anima dell’aforisma è la sintesi, così come lo è per la poesia ma in modi e caratteristiche differenti. L’aforisma induce alla riflessione e all’interrogarsi, ecco quale dovrebbe essere la funzione di un aforisma oggigiorno, infatti, i miei aforismi non prediligono la battuta di spirito o il semplice gusto per il calembour.

LS: Collabori o hai collaborato con qualche persona nel processo di scrittura? Che cosa ne pensi delle scritture a quattro mani?
EM: No, non ho mai scritto a quattro mani, ma non escludo a priori una mia esperienza futura di questo tipo di scrittura nel campo poetico.

LS: A che tipo di lettori credi sia principalmente adatta la tua opera?
EM: Certo, non ai lettori che prediligono un certo tipo di poesia, in cui “amore” fa sempre rima con “cuore” ed altre superficialità simili, ma a chi ama la letteratura, soprattutto i classici e, citando dalla recensione curata dal poeta e critico letterario, Nazario Pardini, “[…] il Nostro affronta gli aspetti più disparati della realtà: quelli emotivo-esistenziali, quelli artistici, quelli civili. E con energia linguistica, con innovazione verbale, con l’uso anche di un lessico arcaico in particolari nessi letterari, esonda tutto se stesso”. La poesia amorosa c’è in Per una strada (in numero minore) ma non certo quella della citata rima.

LS: Cosa pensi dell’odierno universo dell’editoria italiana? Come ti sei trovato con la casa editrice che ha pubblicato il tuo lavoro?
EM: Non molto bene, l’unica cosa positiva che ho notato è che il libro è abbastanza distribuito nella librerie on-line, da quest’anno e, a distanza di quasi tre anni dalla pubblicazione, Per una strada è disponibile anche su “amazon.it”.
Penso che sono ben poche le case editrici che promuovono i nuovi autori (precisamente quelli che non sono raccomandati dal politico di turno), sono perlopiù piccole case editrici e sconosciute al grande pubblico. Io dal 2010 faccio anche il curatore editoriale, non certo di SBC Edizioni, ho curato prefazioni a sillogi poetiche curando la pubblicazione di tre raccolte di poesie, la casa editrice è una di quelle medio-piccole, ma molto attenta nei confronti dei nuovi autori, dotati di talento.

LS: Pensi che i premi, concorsi letterari e corsi di scrittura creativa siano importanti per la formazione dello scrittore contemporaneo?
EM: Posso parlare secondo la mia esperienza di scrittura di poesie, iniziata nel 1990, penso che poeta non si diventi ma si nasca, quello del poeta non è un mestiere e non si può quindi apprendere in nessun corso di scrittura, la poesia è una passione che si scopre e si coltiva sempre più nel corso degli anni. Un corso di scrittura poetica dovrebbe avere la funzione di mettere in discussione e di confrontarsi direttamente con altri poeti, ma non potrà mai insegnare a scrivere poesie partendo da zero. I corsi di scrittura creativa devono essere considerati dei laboratori per chi già scrive e non per chi vorrebbe farlo.
I premi letterari e concorsi, se organizzati in maniera onesta, come ho avuto modo recentemente di “toccare con mano”, grazie alla mia prima esperienza di membro di giuria, possono contribuire a dare una certa fama presso i critici, ma non sono una bacchetta magica presso i lettori, in alcuni casi, neanche il Nobel per la letteratura lo è.

LS: Quanto è importante il rapporto e il confronto con gli altri autori?
EM: Per me è molto importante il confronto con altri autori, specialmente quando trovo dei punti di contatto con il mio modo di scrivere e di poetare al punto che, citando un mio aforisma, sempre da Pensieri minimi e massime, “Tra poeti, scrittori, drammaturghi, artisti in genere, è bene che si instauri un rapporto di rispetto e di stima reciproca, mai di concorrenza e senza nessuna presunzione di possedere la verità, purtroppo, oggigiorno è quasi un’utopia.”.

LS: Il processo di scrittura, oltre a inglobare, quasi inconsciamente, motivi autobiografici, si configura come la ripresa di temi e tecniche già utilizzate precedentemente da altri scrittori. C’è spesso, dietro certe scene o certe immagini che vengono evocate, riferimenti alla letteratura colta quasi da far pensare che l’autore abbia impiegato il pastiche riprendendo una materia nota e celebre, rivisitandola, adattandola e riscrivendola secondo la propria prospettiva e i propri intendimenti. Che cosa ne pensi di questa componente intertestuale caratteristica del testo letterario?
EM: Come ho detto prima, all’inizio del mio percorso poetico sono stato molto influenzato dai grandi poeti del passato, avevo bisogno di modelli da cui partire. Faccio alcuni esempi da Per una strada: nella giovanile poesia “Il viandante”, del 1990, al verso “E come odo stormir le fronde,” possiamo notare una reminiscenza di un passaggio de “L’infinito” di Leopardi, precisamente, “E come il vento/ odo stormir tra queste piante,”, poi, in un’altra poesia giovanile, il titolo è proprio “Poesia”, del 1991, alla chiusa, si può notare un mio tentativo di imitazione della meravigliosa chiusa de “L’infinito”, quella meraviglia immensa di “Così tra questa/ immensità s’annega il pensier mio:/ e il naufragar m’è dolce in questo mare.”, che io maldestramente ho tentato di imitarne il suono con “Così, tra questi versi immensi/ gioisce l’animo mio,/ e l’ondeggiar/ mi molce e m’accarezza”. Andando avanti, nel 1994 scrivo “Amor”, scritta in due giorni, mentre mi preparavo agli esami di maturità classica e vocaboli danteschi frullavano impazziti nella mia testa, bisognava farli uscire, come per un bisogno fisiologico. Scritta interamente in rima libera, e non si tratta certo di rima baciata, ma di un tipo particolare di rima, la rima incatenata o terza rima, in cui il primo verso rima con il terzo della prima terzina e il secondo verso rima con il primo della seconda terzina e così di seguito, come gli anelli di una catena e il linguaggio che ho utilizzato è quello dell’italiano antico, precisamente il volgare trecentesco di ascendenza stilnovista.
Come si può immaginare, la rivisitazione classica è una componente abbastanza presente nella mia produzione poetica, specialmente fino al 1996 ca., poi, è andata sempre più scemando, fino a ripresentarsi inaspettatamente nel 2006 in “Dolcemente i suoi capelli…”, un mio modesto omaggio alla grande stagione della poesia italiana dei tempi passati, scritta interamente in rima, ispirandomi allo sfuggente viso di una ragazza che, dolcemente giocava con i suoi capelli, facendone anelli con le dita, alla fermata dell’autobus ed io ero sul bus.

LS: Ho recentemente avuto il piacere di curare la prefazione al tuo poema epico-drammatico ambientato in Islanda, un lavoro lungo e faticoso che, tuttora, non hai concluso. Puoi raccontarci come è nata l’idea di adoperarti con un genere letterario così complicato? A che tipo di lettori si rivolge questo testo?
EM: Sì, una magnifica prefazione, grazie infinite!
L’idea è nata dalla visione di una brochure ricca di meravigliosi paesaggi dell’Islanda, una brochure turistica inglese regalatami nel 1989 e che conservo gelosamente. Mi sono documentato su questo paese e ho letto l’interessante racconto ottocentesco Viaggio nell’interno dell’Islanda di Natale Nogaret. Ovviamente, c’è anche il desiderio di visitare l’Islanda, è un sogno che ancora non ho potuto realizzare ma, chi m’impedisce di farlo con un mio scritto?
Narrando una storia, servendomi dell’amata poesia, infatti, il dramma è in versi, davvero arduo e impegnativo e lungo quasi un ventennio, proprio perché c’è stata un’interruzione dal 2001 al 2005. Sono quasi al termine della scrittura del quinto e ultimo atto e un amico compositore dal 2010 sta scrivendo le musiche di scena per questo poema, musiche di scena in senso proprio, non un’opera lirica.
Ma perché proprio un dramma in versi?
La poesia fa parte del mio essere, la prosa, come ho già detto, non è nelle mie corde (preferisco leggerla), non riuscirei mai a scrivere un racconto, né un romanzo, ecco perché ho scelto il teatro e un dramma in versi per cercare di esprimere la mia vena narrativa e, al contempo, continuare a cercare di esprimere la poesia che il cuore mi detta.
Con tutto il rispetto, la narrativa e la prosa in genere preferisco leggerla e non scriverla, però, anche in questa possiamo trovare della poesia. La poesia, nella sua accezione più ampia, non è solo quella legata ai versi ma, alla prosa, alla musica e all’arte in genere. Quanta poesia possiamo scorgere ad esempio ne I promessi sposi di Manzoni o, quanta in una canzone di Battisti, come “I giardini di marzo” o, quanta in un’Opera di Puccini, o in un notturno di Chopin! O quanta poesia possiamo trovare ad esempio nella “Gioconda” di Leonardo o nella “Pietà” di Michelangelo!
Con la scrittura di questo dramma ho cercato di fondere le due cose in un tutt’uno, ho cercato di scrivere una storia servendomi dell’amata poesia e del teatro e, il teatro, si presta molto a questo genere di connubi, solo così potevo esprimere la mia vena narrativa. Non a caso ho inserito una voce narrante (fuori scena) che, ogni tanto si fa sentire nel corso del poema, questa voce fuori scena rappresenta l’io narrante del poeta, sulla scorta dei grandi poemi epici non ho potuto proprio farne a meno, infatti, il dramma è di argomento storico-fantastico, con alcuni riferimenti all’epica germanica.
Come scrivo in un mio aforisma di Pensieri minimi e massime, “Un poeta non deve mai lasciarsi condizionare dal marketing, dal consumismo o dalle mode del tempo, la sua ispirazione non sarebbe più spontanea e sincera, deve bensì lasciar parlare la propria anima, senza alcun condizionamento.”. Quindi, nessuno può dirmi di scrivere un romanzo, perché, così ci sarebbero più lettori ma, mancherebbe la cosa più importante: l’ispirazione.
In fondo, la mia risposta al genere del romanzo è questo dramma epico, certamente di gran lunga più impegnativo ma, per me l’unica possibile. E certamente i lettori di quest’opera dovranno essere dei grandi amanti della letteratura, di miti e di leggende.

LS: Recentemente hai pubblicato una raccolta di aforismi dove, con molto piacere, hai inserito una mia nota critica a mo’ di postfazione. Uno dei temi principali di questi aforismi è proprio la poesia, come mai? Dall’altra parte ho trovato degli aforismi a tematica sociale, “impegnati”, se vogliamo. Come possono convivere in una unica raccolta due ambiti tra loro tanto distanti: la letteratura e lo spirito lirico e la società con i suoi problemi e i suoi drammi?
EM: Come mai?
Non poteva essere altrimenti che la maggior parte di questi aforismi (quarantotto degli ottantotto) abbiano per tema la poesia, dal momento che scrivo poesie, mi sono molto interrogato sul senso della poesia e dell’essere poeta scrivendo questi aforismi. Sono stato ben felice di far inserire la tua ottima postfazione e, quanto al politematismo, non c’è da stupirsi, anche Per una strada è una raccolta politematica, non amo il monotematismo, del resto, anche la vita è politematica o, quantomeno, facciamo di tutto affinché lo sia.
Del resto, sforzandoci di fare letteratura cerchiamo di dare voce ai sogni dell’umanità, ai suoi dolori e alle sue speranze e, citando Cesare Pavese “La letteratura è una difesa contro le offese della vita”. La mia aspirazione più grande, infatti, è fare letteratura con i miei scritti, e la letteratura non è mai monotematica.
Grazie Lorenzo per aver letto e attentamente recensito il mio Per una strada e per la proposta di questa intervista!
Intervista a cura di Lorenzo Spurio
scrittore, critico-recensionista


E’ SEVERAMENTE VIETATO DIFFONDERE E/O RIPRODURRE LA PRESENTE RECENSIONE IN FORMATO INTEGRALE E/O DI STRALCI SENZA IL PERMESSO DA PARTE DELL’AUTORE.

giovedì 23 agosto 2012

Il 2 settembre 2012 a Torvajanica "Poesia sotto le stelle"


L’Associazione Culturale TYRRHENUM in collaborazione con EVENTI POETICI organizza la II° Edizione Nazionale di ”POESIA SOTTO LE STELLE”. Il 2 settembre 2012 alle ore 18 presso lo stabilimento Balneare CLUBEACH by Celori mare, lungomare delle Sirene 405, a Torvajanica, si alterneranno nella lettura delle loro liriche trenta poeti.

Alessandro Castellani racconta le vite rubate di Yara e Sarah


Sono un fiore in un deserto delle anime, vorrei emanare il mio profumo per far sentire l’odore della semplicità e di un' emozione positiva”. Si presenta così Alessandro Castellani, autore di “Yara e Sarah- Le nostre vite rubate” edito da Sangel Edizioni, il romanzo che ha scosso notevolmente l’opinione pubblica.

mercoledì 22 agosto 2012

Selezione dei racconti per l'antologia OBSESSION


Carissimi amici,

Sto organizzando un volume antologico tematico di racconti dal titolo “Obsession”, concessomi dalla direzione della Limina Mentis, che verrà da me curato e pubblicato nel 2013.
Il tema della raccolta di racconti è “Fobie, manie e perversioni”. Il volume sarà dedicato principalmente a scritti nei quali la componente intimistica e psicologica – biografica o inventata- ricopra un interesse particolare ai fini del racconto.

Il volume sarà composto da una determinato numero di racconti che risulteranno selezionati.
Chi fosse interessato a partecipare a questa iniziativa, di seguito si riportano tutte le informazioni:

1.    La partecipazione alla selezione dei materiali per l’antologia di racconti è totalmente gratuita. Agli autori presenti in antologia non verranno date copie omaggio, né verrà obbligato l’acquisto del volume che, comunque, è consigliato.

2.    Verranno accettati solamente testi nella forma del racconto e questi dovranno avere una lunghezza non superiore ai 50.000 caratteri (spazi inclusi).

3.    Ogni autore può presentare un solo racconto.

4.    I materiali devono essere inviati rigorosamente in formato Word, con il sistema di pagine numerate e dovranno essere dotati di un titolo. Invii di materiali con altri formati diversi da Word non saranno presi in considerazione. Si richiede di non inserire nel file immagini né di adottare caratteri colorati, grassetto o corsivo e si consiglia di utilizzare il carattere Times New Roman, punti 12, interlinea 1,5 paragrafo giustificato.

5.    Si richiede di inviare, insieme al testo, un file contenente i dati personali (nome, cognome, indirizzo di residenza, e-mail, telefono, cellulare) e un curriculum bibliografico (facoltativo).

6.    L’invio dei materiali deve essere fatto esclusivamente per e-mail a questo indirizzo:  lorenzo.spurio@alice.it  riportando nell’oggetto “Obsession” entro e non oltre il 20 Dicembre 2012.

7.    Limina Mentis comunicherà a tutti i partecipanti -selezionati o no- l’esito della selezione e le informazioni circa la pubblicazione/acquisto del volume.

Si richiede, inoltre, la gentilezza di far circolare questa notizia tra scrittori, esordienti e amanti della scrittura in modo da allargare al massimo il range di collaborazione, fino a includere tutt’Italia (o l’estero di lingua italiana).

Sperando di fare cosa gradita, invio i miei
Cordiali saluti